Asia

Il mio interesse per la visualità dell’Asia è riassunto dal progetto Caravan Cafè, in cui la sobrietà nomadica slitta nel tumulto visivo del mondo indiano e il progetto nel suo insieme si presenta come un fantasmagorico bazar. Iniziato negli anni ’90, è stato oggetto di varie mostre (dal 1994 al 2003) e di numerose pubblicazioni, tra cui una con lo stesso titolo (ed. Acas, Orvieto 2001). Più precisamente, affrontava l’allora quasi ignoto palinsesto visivo delle culture centroasiatiche, presentando insieme alcune tipologie afghane (i tappeti di guerra e i tappeti con il mondo), gli antichi feltri di tradizione nomadica, l’arte contemporanea più audace (in particolare di Pakistan, Kazakhstan, Mongolia e Kirgizistan), senza tralasciare manufatti estranei ai sistemi di avvistamento artistici consueti, come le decalcomanie che decoravano i sacchi di riso e i gadget combattenti in vendita nei bazar di Peshawar e Quetta.
Ognuno dei settori affrontati in Caravan Café era stato o sarà successivamente oggetto di mostre, approfondimenti e pubblicazioni monografiche, in collaborazione con studiosi, viaggiatori, artisti, complici, alcuni già citati nella biografia: Valeria Ibraeva, Salima Hashmi, Annemarie Sawkins, Martina Corgnati, Almagul Menlibaeva, Rosa Maria Falvo, Curtis Carter, Peter von Loebenthal, Duccio K. Marignoli, Sarenco, Julien Blaine, Federico Piccari, Fabrizio Dal Santo, Sergio Poggianella, Graziano Marini e molti altri